Quest’anno Sanremo lo ha vinto Ultimo.
Anzi, no, tutto da rifare, lo ha vinto Mohamood.
O meglio, per il pubblico a casa, il vincitore, colui che ha conquistao il 46% di televoti, è stato Ultimo, mentre invece per la giuria degli ‘esperti’ (8 persone), in massima parte attori, giornalisti e un ristoratore con l’hobby della musica, vale a dire Joe Bastianich, e per la sala stampa, ovvero 30 persone circa, per la maggior parte tutte schierate diligentemente a a sinistra, il vincitore, guarda caso, è stato Mohammud. E’ vero, la canzone è carina, orecchiabile, ha quell’aria esotica che piace tanto, e il testo è “impegnato”, come piace tanto alla gente che conta, e tutto quello che vuoi, ma non meritava di vincere. E non lo meritava perchè milioni di italiani, da casa, con il televoto, avevano scelto come vincitore Ultimo, che ha raggranellato il 46% di televoti contro il 12% di Mohamood.
Non ho particolari simpatie per Ultimo, non mi è piaciuto l’atteggiamento tenuto dopo il Festival e la sua canzone, per me, starebbe stata bene alla 25ma posizione, quella che, in fondo, dovrebbe essere più ambita da uno che come nome d’arte ha scelto “Ultimo”, e non “Primo”. Ma ciò non toglie che alla maggior parte delle persone che ha votato – pagando – da casa, il pezzo di Ultimo sia piaciuto, e tanto, talmente tanto da incoronarlo tele-vincitore. E di conseuenza, vincitore della kermesse canora. Questo in un Paese normale, in un Festival normale e con una logica normale.
Nel paese reale, invece, e più specificatmente al Festival della canzone italiana (italiana? italiana?) di Sanremo, una giuria composta da una manata di attori, cuochi e giornalisti ha deciso che il voto dei poveracci che ha telefonato a pagamento da casa non contava nulla. Ha deciso che le sonorità rap-arabbegianti di Mohamood erano assolutamente da premiare, e chi se ne frega del televoto; in pratica, una giuria di una quarantina di radical chic ha utilizzato a suo piacimento Sanremo come mezzo per inculcare nelle menti (deboli) il messaggio global ormai imperante, selezionando i vincitori in base a parametri e ideologie che nulla hanno a che fare con la musica. E ha stravolto, sovvertito, annullato il voto popolare, che era a favore del buon Ultimo, per il più iconico e modaiolo Mohamood. E stando così le cose, Ultimo ha davvero tutte le ragioni per avere un diavolo per capello: provate un po’ voi a vincere un Sanremo e poi farvi scippare il titolo da una trentina di puzze sotto il naso!
E quindi, bravo Ultimo, viva Ultimo.
Anche se io continuo a preferire la Bertè.