LA SVOLTA GREEN DI MICHELIN: PER LO CHEF CHRISTIAN PUGLISI E’ SOLO UN MODO PER VENDERE PIU’ PNEUMATICI

By | 5 Marzo 2020

Era solo lo scorso febbraio quando la Guida Michelin annunciò la sua “svolta green” durante la presentazione dell’Edizione francese 2021 della “Rossa”.

In quell’occasione, la novità era stata descritta come “una svolta tesa a “mettere in luce gli chef che si muovono a favore di una gastronomia più sostenibile sottolineando le loro iniziative e facilitando la loro identificazione grazie alla creazione di un nuovo pittogramma”.

Pittogramma, o simbolo, consistente in una sorta di trifoglio stilizzato a cinque foglie (tante quante le punte delle stelle Michelin) di colore verde, da stampare, nella Guida, accanto ai nomi dei ristoranti, vale a dire degli chef, non solo stellati, che avessero adottato per la loro cucina pratiche e politiche ambientalistiche quali il chilometro zero, l’utilizzo di prodotti del territorio o ancor meglio provenienti da un orto relativo al locale, la minimizzazione degli sprechi, il rispetto delle biodiversità e tutti quegli accorgimenti che tendono in qualche modo al rispetto e alla salvaguardia della nostra biosfera. Ad oggi, già 50 ristoranti francesi si sono già visti riconoscere il nuovo trifoglio verde.

Un’iniziativa senza dubbio meritevole, da parte di Michelin, che intende in questo modo dare un segnale per arrivare a una cucina forse meno formale e più centrata sui grandi temi ambientali che oggi sono di così grande rilevanza.

Un’iniziativa di cui però non tutti paiono entusiasti, o meglio non tutti sembrano così convinti non tanto dell’obiettivo annunciato, ma del modo con cui Michelin lo sta perseguendo, rilevando un presunto scollamento tra i nobili principi enunciati e le pratiche seguite da Michelin stessa nell’assegnazione del prezioso simbolo “green”.

E uno di questi è lo Christian Puglisi, giovane e talentuoso chef che, trasferitosi in Danimarca dalla Sicilia a soli sette anni, ha raffinato la sua esperienza in cucina con i grandi nomi della scena internazionale, nomi come Ferran Adrià e Renè Redzepi, per poi aprire a Copenhaghen il suo personale ristorante, il Relae, una stella Michelin dal 2013.

Ebbene, proprio Puglisi ha recentemente accusato Michelin – come riportato in un’intervista su  Business Insider e da Eater – di predicare bene ma di razzolare male, o più precisamente di essersi ammantata di gloria annunciando la svolta green, ma di adottare criteri ben poco stringenti nell’assegnazione del trifoglio verde. Insomma, secondo lo chef, quella di Michelin sarebbe solo una mossa di facciata, una manovra per darsi un tono green ma senza voler davvero arrivare seriamente al cuore della questione. “Il trifoglio verde della Guida Michelin è solo greenwashing, con la sostenibilità non c’entra nulla. Semplicemente si sono accorti che nel 2020 non si può ignorare il tema e sono corsi ai ripari. Ma così non serve a nulla. Rischia solo di creare danni”, racconta lo chef a Business Insider.

“Sono deluso da Michelin – continua Puglisi -. Speravo fosse un’iniziativa seria, invece il processo di selezione si basa su una semplice telefonata con la quale ti chiedono se sei sostenibile e come. Non c’è alcuna audit e nessun questionario da compilare. In questo modo si svilisce il nostro lavoro”.

Puglisi infatti lamenta il fatto che Michelin, a suo dire, non avrebbe fatto alcuna seria verifica riguardo alle pratiche da lui adottate nel suo ristorante ai fini della sostenibilità ambientale, essendosi Michelin limiata a un contatto telefonico.

“Infatti – dice lo chef, non un audit, non un questionario, non uno sforzo … non una domanda critica di alcun tipo – scrive Puglisi in un post sul sito web del ristorante -. Una semplice conversazione telefonica che ci dà il diritto di mostrare un trifoglio accanto alla nostra stella Michelin. Che senso ha? Se tutto si riduce a raccontare delle storie è molto facile: basta dire di lavorare con prodotti locali e bio. Quando, però, si tratta di farsi certificare non lo fa nessuno, perché? Per fare qualcosa che incida devi avere il coraggio di prendere decisioni che possano comprometterti”.

Il ristorante Relae e alcuni altri locali in Danimarca sono stati “premiati” con il trifoglio a cinque foglie, continua lo chef, ma molti altri parimenti meritevoli non lo sono stati, e Michelin non ha fornito nessuna indicazione sulle linee da seguire per essere certificati come “green”.

Ancora, alla domanda del cronista sul perchè Michelin abbia preso questa decisione, Puglisi risponde che a Michelin cerca solo di replicare lo spettacolo dei 50 best Restaurant, ma soprattutto afferma che secondo lui “in realtà l’unica cosa che gli interessa è vendere guide e pneumatici. E quando ti accorgi di essere nel 2020, non puoi fare a meno di parlare di sostenibilità. E per farlo di riduci a creare dello storytellin”, ribadendo ancora una volta che nell’assegnazione dei riconoscimenti della Guida a suo parere sono presenti decisioni di tipo politico prese a tavolino: “Io ho ricevuto il trifoglio per una telefonata e non per il lavoro che facciamo da quanto Relæ è stato aperto”

Puglisi ritiene inoltre “ipocrita” da parte della Guida, di assegnare di punto in bianco dei riconoscimenti per la sostenibilità ambientale quando per anni ha dato impulso e sostenuto uno stile gastronomico estremamente dispendioso e tutt’altro che sostenibile.

“La questione è che ciò che noi (chef) pensiamo su ciò che Michelin si aspetta dalla nostra cucina, rappresenta in realtà uno spreco. L’idea della perfezione come esercizio geometrico –continua Puglisi – riduce i tagli più belli di carne a porzioni ridicole, e riduce i meravigliosi doni della natura in puntini e ghirigori”.

E in effetti, in questi anni è stato tutto un fiorire di “composizioni artistiche” nei piatti, a base di cromie azzardate, svolazzi “pittoreschi”, puntini di materia prima frullata e violentata, senza contare il flagello degli immancabili fiorellini eduli di contorno. Una cucina che sembrava aver abdicato al suo primario ruolo di nutrimento e anche convivio per voler aderire ai canoni di un’arte da trattoria e di bassa lega.

Oltretutto, sarebbe presente anche una contraddizione intrinseca, nella svolta ambientalistica della Rossa. La guida, infatti, nata da una società di pneumatici, era nata con l’obiettivo di essere di ausilio gli automobilisti francesi nel cercare un locale dove rifocillarsi durante i loro viaggi senza timore di sbagliare. In fondo, due stelle significano ancora che, per gli automobilisti, il locale “merita una deviazione”, tre invece che “merita un viaggio speciale”, a volte magari fatto apposta solamente per recarsi nel ristorante segnalato. Ed ecco che quindi che il raggiungere il locale stellato,non certo a piedi ma o in macchina o anche in aereo – come fanno molti globe trotters del cibo -, si traduce in maggiori emissioni di CO2 e conseguente maggiore inquinamento.

Una conseguenza come minimo beffarda per una guida che di punto in bianco è stata folgorata sulla via del green…

Crediti: Business Insider, Eater. Immagini: lasicilia.com