E’ COLPA DEL PECORINO ROMANO SE I PASTORI SARDI DEVONO BUTTARE VIA IL LATTE

By | 11 Febbraio 2019

E’ colpa del pecorino romano se i pastori sardi stan buttando via il loro latte.

Sono ormai diversi giorni che le cronache si occupano della protesta dei produttori di latte sardi, che per fare sentire le loro ragioni stanno buttando per la strada ettolitri di latte di pecora proveniente dai loro allevamenti.

Ma cos’è che spinge i produttori sardi a tale forma di protesta? Qual è il problema su cui vogliono attirare l’attenzione, qual è la causa dei loro guai? La risposta è semplice: il pecorino romano. E’ il celebre formaggio prodotto in Lazio l’origine di tutte le magagne dei pastori sardi, colui che ha dato il via alla singolare protesta.

Il prezzo del pecorino romano infatti, prodotto in Lazio con latte di pecora proveniente dagli allevamenti sardi, ha ultimamemente fatto rilevare un notevole abbassamento di prezzo, mentre negli anni scorsi il formaggio laziale era stato protagonista di un clamoroso boom che aveva portato i produttori di formaggio a pagare fino a 85 centesimi per litro ai produttori di latte sardi. Questo fino a quando il pecorino ha retto un prezzo di circa 8 euro al chilo.

In seguito però alla curva discendente delle vendite di pecorino romano, iniziata nel 2018, e alla conseguente diminuzione di offerta di formaggio, il latte prodotto è risultato in esubero, e i produttori  di latte della Sardegna accusano ora i casari laziali di aver fatto “cartello”, ovvero di essersi accordati per mantenere basso il prezzo del latte che, ad oggi, viene loro pagato circa 5,40 centesimi al litro contro gli 85 centesimi di un paio di anni fa: un prezzo, secondo i produttori, che non basta nemmeno a coprire i costi di produzione.

D’altronde, il mercato al momento riesce ad assorbire solamete 280.000 quintali di latte all’anno per produrre il formaggio romano, mentre i litri di latte prodotti sono circa 340.000 quintali, ovvero con circa 60.00 quintali di latte in esubero per anno.

La soluzione non pare semplice: l’associazione dei pastori sardi, insieme a Coldiretti, chiede che il prezzo al litro venga mantenuto al di sopra dei 75 centesimi, e lo stesso vicepremier Salvini si è detto d’accordo nel fissare un prezzo minimo, mentre la regione Sardegna chiede in più lo stanziamento di 25 milioni per il fondo ovocaprino a sostegno della domanda di latte, proprio come lo scorso anno, durante il quale furono stanziati 45 milioni di euro.

Altra soluzione sarebbe quella di ridurre la produzione di latte, di modo che il prezzo possa risalire. Una pratica giudicata però scorretta da Coldiretti, ai sensi dell’art. 12 della legge 1/2012, che prevede l’applicazione di sanzioni in caso di condotte scorrette nel settore agroalimentare, con multe che vanno da mezzo milione ai tre milioni di euro.

Insomma, la soluzione della questione del latte di pecora prodotto in Sardegna pare ancora di là da venire, a meno che non si decida tutti quanti di aiutare direttamente i pastori sardi e i loro allevamenti. Come? Semplice, mangiando più pecorino romano, e mettendo così tutti d’accordo: allevatori, produttori e, soprattutto, il nostro palato.

Crediti: Il Corriere